L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha determinato forti implicazioni che hanno avuto un impatto rilevante sulla qualità della vita di ognuno di noi.
Oltre a conseguenze di tipo medico, economico e sociale, la pandemia ha provocato un ingente incremento di manifestazioni di sofferenza psicologica, sia a livello nazionale che mondiale, tra cui disturbi del sonno, depressione – il cui numero di casi italiani è aumentato dal 6% al 13% –, ansia e paura.
La paura, a sua volta, in caso di livelli di intensità molto elevati, si è configurata come un elemento ostacolante le iniziative e le misure ministeriali e internazionali volte a contrastare il virus.
“La paura e il panico stanno contribuendo alla diffusione del Covid”, queste le significative parole di Abdinasir Abubakar, manager dell’Unità di gestione dei rischi infettivi dell’Ufficio per il Mediterraneo orientale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Ma la paura è disfunzionale? Può essere nostra alleata? Se sì, quando? Paura e panico differiscono in qualche modo? Le scienze psicologiche dimostrano come la paura sia un’emozione di base con un ruolo essenziale nel far fronte, in maniera funzionale e adattiva, ai pericoli presenti nell’ambiente, permettendo di selezionare strategie utili al loro fronteggiamento. Essa non è quindi di per sé nostra nemica, bensì una preziosa alleata che accompagna noi esseri umani da millenni aiutandoci a sopravvivere e adattarci funzionalmente all’ambiente.
La paura, tuttavia, risulta efficace solo nel caso in cui sia proporzionata ai pericoli cui dobbiamo far fronte. In caso contrario, quest’ultima rischia di divenire eccessiva, trasformandosi in panico – una modalità di manifestazione dell’ansia – e, conseguentemente, danneggiandoci.
Il panico, d’altro canto, è caratterizzato dalla comparsa improvvisa, rapida ed intensa di paura e disagio che può manifestarsi con: tachicardia, sudorazione, tremori, sensazioni di soffocamento, asfissia, dolore o fastidio al petto, nausea o disturbi addominali, sensazione di vertigine e svenimento, brividi o vampate di calore, parestesie, sensazione di distacco da se stessi o dalla realtà, paura di perdere il controllo e paura di morire.
A differenza della paura, quindi, il panico non predispone a un confronto funzionale con l’ambiente, ponendoci di contro in una condizione in cui la nostra emotività ha di fatto il sopravvento sul nostro giudizio critico e sulle nostre funzioni cognitive (attenzione, capacità di risolvere i problemi…).
Il sovraccarico di notizie ed informazioni – spesso poco chiare e contrastanti –circa il Covid-19 ha rappresentato un fenomeno che ha contribuito, negli ultimi mesi, alla diffusione del panico legato alla pandemia. Al fine di gestire il carico di informazioni, riducendo quindi l’esposizione a tale confusione, è essenziale porre particolare attenzione alla selezione consapevole delle fonti informative, specie per quanto concerne le notizie veicolate dal Web.
La stessa Commissione Europea, nella definizione degli elementi costitutivi del concetto di “competenza digitale”, include la capacità di navigare discernendo e filtrando coscientemente informazioni e dati.
È difficile, specie nella foga del momento, riuscire a far dialogare le emozioni con i ragionamenti, però è altrettanto fondamentale agire con consapevolezza, basandoci su dati oggettivi. In sintesi, la regola fondamentale per non cadere in un panico incontrollato è cercare di mantenere un equilibrio tra l’ascolto della nostra paura relativa ai rischi oggettivi cui siamo sottoposti e la consapevolezza di questi ultimi.
Link utili
http://www.salute.gov.it/nuovocoronavirus
https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/
https://www.agid.gov.it/sites/default/files/repository_files/digcomp2-1_ita.pdf
Federico Maffezzoni
Psicologo
Alice Cardinali
Psicologa