Cosa ci spinge ogni giorno a premere play sul telefono per riprodurre la nostra playlist preferita? Cosa ci
spinge a pagare abbonamenti ad App di streaming musicale? Ad accendere la radio ogni volta che ci
mettiamo al volante? O ancora, cosa ci porta a riprodurre per l’ennesima volta quella canzone che tanto ci
ricorda della nostra ormai conclusa relazione o della passata vacanza al mare?

Pensare alla musica solo come ad una forma di intrattenimento è assolutamente riduttivo visto l’ampio
spettro di situazioni in cui siamo portati a produrla o ad ascoltarla.

Qual è, allora, l’esigenza che ci porta a voler avere una colonna sonora nella nostra quotidianità?

In molti si sono espressi sull’argomento, citiamo, per esempio, il saggio Aristotele che sosteneva come la
musica possa apportare all’uomo diversi benefici, tra cui quello educativo, ricreativo e rilassante, per non
parlare del suo ruolo catartico. Il suo pensiero è ad oggi condiviso da molti esperti e comprovato da più
ricerche in materia. Si pensi che, uno studio realizzato da alcuni docenti dell’università americana di
Washington ha dimostrato l’enorme potenziale curativo della musica nelle situazioni di dipendenze da
alcool o droga. Dallo stesso è infatti emerso come la partecipazione a laboratori musicali, nel corso di
programmi di riabilitazione, abbia portato a risultati davvero sorprendenti.

Ma ad oggi non stupisce pensare che la musica possa avere anche un lato curativo. A tutti sarà ormai
capitato, anche solo di sentir citare la musicoterapia. Ma di che si tratta?
Siamo negli anni cinquanta del novecento in America, la guerra si è da poco conclusa e molti militari che
facevano rientro dal campo di battaglia vivevano situazioni di stress da disturbo post-traumatico.
Inizialmente con il fine di allietare il loro periodo di degenza, negli ospedali militari iniziò ad essere in voga
la figura del musicista. Ben presto però fu chiaro che il suo ruolo lì andava ben oltre il semplice
intrattenimento, anzi. Si cominciò a vedere come la riproduzione di determinati brani era d’aiuto nella
gestione di situazioni particolarmente ostiche.

Fu così che nacque la musicoterapia che possiamo definire quindi come quella disciplina basata sull'uso
della musica come strumento riabilitativo e terapeutico in grado di promuovere cambiamenti fisici, mentali
e sociali, incidendo sulla guarigione e sulla cura di diverse malattie.

Con il fine di indagare quali fossero le patologie che potevano trarre giovamento dall’ascolto o pratica della
musica, nel corso degli ultimi anni più studi hanno evidenziato come la musica apporti benefici tanto sul
piano cognitivo quanto su quello fisiologico.

I campi d’applicazione della musicoterapia sono infatti ad oggi numerosissimi: nella preparazione al parto,
nei reparti di medicina oncologia, come supporto alle cure palliative, nella riabilitazione neurologica post
ictus, per non parlare della sua enorme utilità nell’associazione a trattamenti psichiatrici per la gestione
della schizofrenia, per il controllo degli stati d’ansia associati alla demenza e come strumento d’ausilio
sociale nei soggetti con disturbi dello spettro autistico.

Consapevoli di questo, ora ci è forse più chiaro il motivo per cui siamo portati a riprodurre quella playlist o
ad ascoltare per l’ennesima volta quel brano che tanto amiamo.

La musica la associamo a momenti del nostro vissuto perché è la nostra colonna sonora, e lasciamo che lo
sia perché sappiamo aiutarci nella gestione del cattivo umore tanto quanto nel rafforzare quello buono, è
un vero e proprio strumento di regolazione emotiva.

Vi è mai capitato di praticare terapie con la musica? Come è stata la vostra esperienza? In caso contrario, vi
piacerebbe provare? Pensate possa essere utile?

Siamo molto curiosi, fatecelo sapere con una mail al seguente indirizzo: marketing@poliambulatorioberdan.it