La lombalgia è uno dei principali motivi di consultazione in osteopatia.

Più del 70% della popolazione mondiale ha sofferto almeno una volta nella sua vita di questa patologia.

Cos’è la lombalgia?

La lombalgia è un dolore localizzato nel basso dorso detto zona lombare, ed è una sofferenza più o meno intensa a livello di una o più vertebre che compongono la colonna lombare. Alcune volte il dolore scende fino al sacro e al coccige e viene chiamato lombosciatalgia se investe anche gli arti inferiori ed il nervo sciatico.

Le 5 vertebre lombari sono le più voluminose del rachide (colonna vertebrale), vengono mantenute in sede da forti muscoli e da legamenti molto resistenti. 

Sono separate tra loro dai dischi intervertebrali che hanno il compito di ammortizzare gli stress meccanici e dirigere, insieme alle articolazioni interapofisarie, il movimento. (*approfondimento…)

Distinguiamo una lombalgia acuta che insorge bruscamente ma dura meno di 6 settimane e una lombalgia cronica che può insorgere improvvisamente o progredire lentamente ma durare più di 3 mesi.

Nelle lombalgie “semplici”, che corrispondono, fortunatamente, a più dell’80% del totale, le cause sono da riferirsi ad eccessivi sforzi fisici, posture errate o prolungate, sovraccarichi ripetuti, sbalzi termici, calzature anomale, altro.

Nelle lombalgie “complesse”, che rappresentano meno del 20% del totale, il quadro clinico del paziente presenta patologie serie, quali: fratture, tumori, stenosi o anomalie vertebrali, infezioni, ecc.

Non è raro che una lombalgia sia il riflesso di una patologia organica; per esempio una colica renale, che va immediatamente indirizzata al pronto soccorso.

Il tipo di lavoro e di sport, stati psicologici o comportamentali, l’età, l’inattività o l’iperattività fisica, situazioni socio-economiche particolari, possono più o meno aggravare una predisposizione soggettiva alla lombalgia o quantomeno interferire con una normale meccanica articolare.

Nel trattamento osteopatico delle lombalgie, dopo esclusione medica delle cosiddette red flags (patologie gravi non di pertinenza dell’osteopata) vengono ridotte le tensioni e contratture muscolari (di fibre lisce o striate), mobilizzate o manipolate le vertebre con ridotta escursione articolare al fine di ripristinare la perduta fisiologia e, soprattutto, per ridurre la pressione sui dischi intervertebrali che potrebbero danneggiarsi ed erniarsi.

Ai miei pazienti suggerisco spesso di compiere semplici esercizi a casa oppure di intraprendere progressivamente un percorso che li porti a compiere attività fisica o sport all’ aperto.

“L’ igiene posturale” sul luogo di lavoro è un altro “tasto” su cui insisto, come un’adeguata idratazione ed alimentazione.

Purtroppo un aspetto ben conosciuto, ma trascurato, dai “miei lombalgici” è l’interrelazione tra l’eccessivo STRESS, le tensioni muscolari, i disturbi funzionali e l’abbassamento delle difese immunitarie. Non posso che giustificarli, visto il tipo di società in cui siamo immersi: una società di doveri, competitività, frenesia, “multitasking” come si dice… dove l’impegno in più attività e compiti differenti è considerato un obbligo. Trovare tempo per “perdere tempo” è considerato un reato.

Rilassarsi, guardate un film, leggere, praticare sport, giocare, divertirsi, comunicare, ormai non sono più un diritto ma servizi a pagamento. 

Dopo questa, forse inopportuna, disgressione, veniamo agli obiettivi che dovrebbero essere raggiunti e condivisi con il paziente per considerare positivo un esito di trattamento:

  • ridurre significativamente i rischi di recidive
  • instaurare la consapevolezza attiva e ragionata di benessere 
  • trovare strategie e metodi personalizzati efficaci per ridurre i dolori
  • ripristinare uno stato posturale ergonomicamente efficace.
  • coinvolgerlo attivamente e responsabilmente nel progetto di guarigione in fase acuta e di mantenimento dello stato di salute in fase successiva.
  • Stabilire in comune accordo le priorità concretamente perseguibili e motivarle
  • Monitorare progressi/regressi 
  • Coinvolgere altre figure sanitarie per rafforzare e stabilizzare i miglioramenti acquisiti

Concludendo, il mio articolo, lungi dall’ essere esaustivo, ha lo scopo di far comprendere la complessità di un approccio alla lombalgia e al paziente lombalgico.

Oggi la medicina in generale e l’osteopatia in particolare ci impongono un maggior sforzo culturale e scientifico per approcciare al meglio l’affascinante ma contorto ed intricato essere umano.

Osteopata M.R.O.I.
Enrico Bernardis

 

Approfondimento:

* I dischi intervertebrali sono composti da:

  • un nucleo centrale più o meno sferico, ricco di acqua, NON innervato né vascolarizzato.
  • un anello fibroso che circonda il nucleo fatto da diversi strati concentrici e resistenti. La sua parte periferica è innervata dal nervo seno-vertebrale di Luschka.

Nell’adulto il disco non è vascolarizzato, la sua nutrizione si fa per osmosi e attraversa le placche cartilaginee dei corpi vertebrali.

Una particolarità del disco intervertebrale riguarda la migrazione dell’acqua in funzione delle costrizioni che deve sopportare quando un’importante pressione viene indotta lungo l’asse rachide. L’acqua contenuta nel nucleo fugge attraverso i pori verso il piatto vertebrale in direzione del centro dei corpi vertebrali con conseguente diminuzione della sua altezza (nell’adulto una perdita di altezza cumulabile nell’insieme della colonna può raggiungere 2 cm). Quando la pressione assiale è diminuita, per esempio in decubito, l’idrofilia intrinseca del nucleo provoca il riassorbimento dell’acqua e il fenomeno opposto. 

Lo stato d’idratazione diminuisce con l’età e spiega quindi anche una diminuzione della flessibilità rachidea.  Diciamo che il disco intervertebrale tramite il suo nucleo agisce come “perno sferico precompresso” permettendo i movimenti di flesso-estensione inclinazione, rotazione e ripartizione di pressione sull’anello fibroso.

Il disco ha un ruolo di ammortizzatore elastico ma se il sovraccarico è troppo brutale o intenso si può arrivare alla distruzione di alcune fibre dell’anello fibroso che possono in seguito, dopo sforzi ripetuti, portare al vero e proprio deterioramento discale con sintomatologie.

Le articolazioni interapofisarie posteriori spesso mal descritte nei libri di anatomia hanno un ruolo essenziale nella dinamica vertebrale; quando vengono chiamate in causa, a queste spettano la guida, il controllo e la limitazione dei movimenti.

I meccanocettori a livello capsulo-legamentoso sono molto numerosi e questa ricca innervazione propriocettiva/enterocettiva dà la possibilità di capire come l’apparato di sostegno del nostro corpo nei suoi adattamenti alle diverse variazioni di tensione può essere sottoposto a sostanziali aggiustamenti e scompensi.

Altra particolarità delle apofisi articolari interapofisarie è il fatto che esistano veri e propri menischi peduncolati e mobili nella cavità articolare di forma e volume variabile. La distribuzione dell’innervazione avviene a partire dalle branche posteriori dei nervi rachidei omologhi che hanno un rapporto molto intimo con il massiccio articolare stesso. 

Queste caratteristiche anatomo-funzionali potrebbe spiegare una disfunzione vertebrale con sintomatologia, tramite tensione capsulo-legamentosa e/o  fenomeni infiammatori congestizi a livello del nervo di Luschka e processi interapofisari.