Instabilità sacroiliaca

Spesso misconosciuta, l’instabilità sacroiliaca è causa di lombo-sacralgia in una percentuale di casi che varia dal 5% al 25%. Il comune “mal di schiena” viene spesso erroneamente attribuito alla patologia degenerativa discale come l’ernia o la protrusione/disidratazione – presente nei soggetti di età superiore a 20 anni in una percentuale compresa tra il 48% e il 75% – in realtà, in particolare per le donne, un’instabilità sacroiliaca anche modesta è causa di un dolore lombare o sciatalgico del tutto sovrapponibile a quello generato dalle altre patologie descritte.

Come riconoscere l’instabilità sacroiliaca

Per quanto esami neuroradiologici (TC/RM) possano a volte dimostrare – nei casi più severi – alterazioni dell’articolazione sacroiliaca (edema infiammatorio, sclerosi ossea, degenerazione gassosa intrarticolare), e pur effettuando manovre fisiche sul bacino per testare il dolore nel paziente, l’unico metodo diagnostico che fornisce una diagnosi di certezza assoluta rimane il test di denervazione dell’ articolazione sacroiliaca. In pratica si tratta di iniettare, con un sottilissimo ago e grazie alla guida TAC, una minima dose di anestetico (solitamente Lidocaina), all’interno dell’articolazione sospetta per infiammazione cronica. Il test conferma la diagnosi di sacroileite in caso di temporanea immediata scomparsa del dolore.

Come si cura l’instabilità sacroiliaca

1. Denervazione sacroiliaca. È l’intervento di prima istanza. Con semplici aghi da radiofrequenza viene denervata l’articolazione sacroiliaca in pochi minuti e in anestesia locale, con una procedura del tutto simile alla denervazione delle faccette articolari.

2. Fusione sacroiliaca. È l’intervento prescelto in caso di persistenza del dolore nonostante la denervazione effettuata. Consiste nell’introduzione di piccole e sofisticate endoprotesi per via percutanea e in anestesia locale, in grado di saldare l’articolazione sacroiliaca ripristinandone la tenuta e impedendo il movimento innaturale che genera il dolore in questi pazienti.